Bambini in ospedale, mai più ricoverati in reparti per adulti

Ospedale ricovero bimbi

Mai più bambini ricoverati in reparti per adulti. Questo il messaggio che arriva in occasione della presentazione del Libro Bianco dell’assistenza pediatrica in Italia della FIARPED (Federazione delle Società Scientifiche e delle Associazioni dell’Area Pediatrica) che si è tenuta al Ministero della Salute per mettere a fuoco i problemi emergenti della Pediatria italiana specie dopo l’impatto della pandemia. I dati dei ricoveri pediatrici relativi agli anni 2019-2021, elaborati con un sistema dedicato di Business Intelligence Sanitaria da Fondazione ABIO Italia, sulla base delle informazioni fornite dal Ministero della Salute e presentati in anteprima all’evento, evidenziano che negli ospedali generali circa un bambino su 4 (26%) nella fascia 0-18 anni viene ricoverato in reparti per adulti, una situazione che in termini assoluti ha riguardato nel 2021 oltre 112 mila minori tra 0 e 18 anni. Il fenomeno ha connotazioni diverse a seconda dell’età: tra 15 e 18 anni ben il 70% finisce con gli adulti; tra i 5 e 14 anni succede al 36% dei minori; tra 1 e 4 anni al 15%, e seppur in percentuale molto ridotta (2,1%) succede persino ai piccoli di età compresa tra 0 e 12 mesi.  Molto variabile è il comportamento delle regioni oscillando da un minimo del 14% di minori ricoverati con adulti registrato nel Friuli-Venezia Giulia al 44,5% del Molise, con 9 regioni sopra la media nazionale.

A 15 anni dalla diffusione della Carta Abio- SIP (Società Italiana di Pediatria) che si proponeva di indicare i presupposti per il rispetto dei diritti del bambino in ospedale, tali diritti non sono quindi pienamente applicati in maniera equa e omogenea sul territorio nazionale, soprattutto negli ospedali generali che non hanno uno specifico indirizzo pediatrico. 

Proprio la difesa della specificità pediatrica, ossia il diritto dei bambini da 0 a 18 anni a essere curati dai pediatri e in ambienti dedicati, è la principale istanza che emerge dal Libro Bianco. La pubblicazione raccoglie i contributi delle 36 Società associate a FIARPED e riporta un’analisi delle criticità esistenti e una sintesi propositiva distinta per specialità, offrendo così una panoramica e una strategia condivisa e comune sulla riorganizzazione dell’assistenza pediatrica.

“La nostra principale preoccupazione è far sì che i bambini non siano curati dai medici degli  adulti e in luoghi di cura progettati in funzione delle caratteristiche dell’adulto, ma da professionisti formati sui problemi clinici dei bambini e in spazi di cura a loro dedicati, perché è noto e ampiamente dimostrato dalla letteratura scientifica che questo ha un impatto sulla qualità e sulla sicurezza delle cure pediatriche” afferma Annamaria Staiano, Presidente della Società Italiana di Pediatria (SIP) e co-presidente FIARPED. Un problema che riguarda in maniera particolare alcune specialità pediatriche, a cominciare dalle Terapie intensive pediatriche. Negli ultimi tre anni (dato disponibile 2019-2020-2021) 6.254 minori sono stati ricoverati nelle terapie intensive, di questi quasi la metà, ossia 2.754, pari al 44%, sono finiti nelle terapie intensive per adulti, numeri che però devono ritenersi approssimativi attesa l’assenza di un codice Ministeriale che identifichi una Terapia Intensiva Pediatrica. Tra le specialità in cui si assiste più spesso al ricovero di minori con adulti vi è l’ortopedia e traumatologia (34%), e a seguire la chirurgia generale e l’otorinolaringoiatria (16%).

Particolarmente delicata la situazione della neuropsichiatria infantile, come spiega Elisa Fazzi Presidente della SINPIA (Società Italiana Neuropsichiatria Infanzia e Adolescenza) e co-presidente di FIARPED: “L’esplosione delle richieste per disturbi psichiatrici gravi e acuti sta saturando i posti disponibili, compromette le risposte per disturbi neurologici gravi e complessi per i quali è indispensabile una competenza specialistica.  Il 30% dei ricoveri per disturbi neuropsichiatrici in età evolutiva avviene in reparti psichiatrici per adulti e il 10% dei ricoveri psichiatrici avviene in stato di necessità in reparti psichiatrici per adulti, nonostante tale collocazione sia gravemente inappropriata”.

Il Libro Bianco e le sei proposte per riformare l’assistenza pediatrica (….ed evitare che i bambini finiscano per essere curati dagli specialisti per adulti).

A distanza di 5 anni dalla prima edizione del Libro Bianco quello che emerge da questa seconda edizione è che per molti dei “vecchi problemi” non si è ancora trovata una soluzione, ma anzi, alcuni si sono acuiti a causa della pandemia, soprattutto la gestione dei pazienti fragili e con patologie croniche nonché con disturbi neuropsichici dell’età evolutiva. Nel nostro Paese continuano inoltre a essere presenti importanti diseguaglianze territoriali nella distribuzione delle risorse, nella qualità dell’assistenza e nell’accesso ai servizi, che sono alla base della migrazione extra- regionale dalle Regioni del Sud a quelle del Nord. In aggiunta si è ulteriormente aggravata la carenza dei medici pediatri, soprattutto nelle strutture ospedaliere, a seguito della fuga dei medici verso il territorio. Ecco le principali indicazioni per riorganizzare l’assistenza pediatrica:

  • Garantire il riconoscimento dell’età pediatrica da 0 a 18 anni. Va ribadito e applicato in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale che l’età pediatrica deve essere estesa sino a 18 anni, sul territorio e in ospedale: è il presupposto per la difesa della “specificità pediatrica”.
  • Formare specialisti per curare meglio le malattie croniche. La formazione dei pediatri riveste un ruolo centrale sia nell’ambito dei processi di organizzazione dell’assistenza sanitaria sia per rispondere a nuovi bisogni assistenziali, associati, da un lato, all’incremento di malattie croniche pediatriche (che riguardano il 18% della popolazione pediatrica) e, dall’altro lato, a tematiche emergenti quali le cure palliative e la sanità digitale.
  • Riconoscere le sub-specialità pediatriche. In aggiunta occorre formalizzare il riconoscimento sul piano normativo e amministrativo delle sub specialità pediatriche, come già avviene in altri Paesi europei. La figura del pediatra sub-specialista (esempio pediatra neonatologo, pediatra allergologo, pediatra gastroenterologo, pediatra endocrinologo, pediatra pneumologo ecc.) può far fronte meglio all’aumento di bambini e adolescenti con patologie croniche complesse e alla gestione della transizione dall’infanzia all’adolescenza e all’età adulta.
  • Fermare la fuga dei medici dagli ospedali. Anche in Pediatria è allarmante il fenomeno della crescente fuga degli specialisti dagli ospedali, che sempre più scelgono il territorio attratti da migliori condizioni di lavoro, con la conseguente presa in carico del bambino da parte dei medici dell’adulto.
  • Rafforzare i servizi di neuropsichiatria infantile sul territorio e a livello ospedaliero. In particolare, i posti letto di degenza ordinaria di neuropsichiatria infantile sul territorio nazionale sono 403 a fronte di un fabbisogno di almeno 700, 5 regioni sono senza posti letto (Umbria, Calabria, Abruzzo, Molise, Val d’Aosta). I reparti devono essere riconosciuti ad alta intensità di cure. I servizi territoriali vanno potenziati con almeno un’unità complessa ogni 150.000/250.000 abitanti, con equipe multidisciplinare completa.
  • Potenziare la rete ospedaliera pediatrica. I punti fondamentali sono: l’incremento dei posti letto in Terapia intensiva pediatrica e in Terapia semintensiva pediatrica; la razionalizzazione dei punti nascita con chiusura almeno di quelli con meno di 500 nati per anno, delle piccole strutture ospedaliere di Pediatria (ormai quasi esclusivamente dedicate ad attività ambulatoriale e di emergenza) e delle unità di chirurgia pediatrica; l’adeguamento degli organici e delle strutture agli standard assistenziali richiesti anche sul piano tecnologico e degli spazi dedicati alla degenza e alle attività ambulatoriali.

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