I medici italiani dicono “no” al superamento del numero programmato

Medici ucraini

Secondo la FNOMCeO togliere il numero pogrammato “ne andrebbe dell’efficacia della formazione e dell’assistenza”. Per la Federazione sì “condizionato” a un ampliamento dei posti, che eviti sia l’imbuto formativo sia una nuova “pletora medica”.

Un fermo no al superamento del numero programmato. Apertura, invece, sull’ampliamento dei posti a Medicina. Ma a due condizioni: che siano pianificati, di conseguenza, i posti nelle scuole di specializzazione e gli sbocchi lavorativi all’interno del Servizio sanitario nazionale, per non creare un nuovo “imbuto formativo”, né una nuova pletora medica senza occupazione.

Questa, in estrema sintesi, la posizione della FNOMCeO, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, espressa per voce del presidente Filippo Anelli, sulle esternazioni di esponenti del Governo che, in questi giorni, hanno espresso la volontà di “superare il numero chiuso”.

“Una corretta programmazione – spiega Anelli – andrebbe fatta sui fabbisogni, da qui a undici anni, di specialisti e medici di medicina generale. I ragazzi che a settembre entreranno a Medicina, infatti, solo tra 9-11 anni saranno completamente formati e pronti per entrare a pieno titolo nel nostro Servizio sanitario nazionale. Le proiezioni, al contrario, mostrano che, per allora, la gobba pensionistica sarà superata, mentre saranno pronti i nuovi specialisti, creati grazie all’aumento delle borse”.

“Purtroppo, i precedenti Governi hanno messo in atto, per decenni, una programmazione inefficace – prosegue – per cui ci ritroviamo ora con una carenza annunciata di specialisti di alcune branche e di medici di medicina generale. E quelli che ci sono sempre più abbandonano il Servizio sanitario nazionale per il privato, l’estero, dove trovano condizioni lavorative e contrattuali più favorevoli. Sono di pochi giorni fa, ad esempio, i dati OCSE che svelano il divario tra le retribuzioni dei medici italiani e quelle, molto più elevate, dei colleghi dei paesi europei ed extraeuropei”.

“Il progetto del Ministro Anna Maria Bernini e del Governo di un’apertura “sostenibile” della facoltà di Medicina – aggiunge – con un aumento graduale dei posti, legato da una parte alla capacità formativa degli Atenei, dall’altra a un aumento delle borse nelle Scuole di specializzazione, può essere accolto, purché entrambe queste condizioni vengano effettivamente soddisfatte. E, soprattutto, purché si tenga conto anche del contesto lavorativo che attenderà i futuri colleghi e si crei, già da oggi, un modello organizzativo adeguato, parametrato alle esigenze assistenziali della popolazione e in grado di assorbire tutti i professionisti”.

“Un modello organizzativo – prosegue ancora Anelli – che, negli ospedali, preveda un giusto numero di medici e altri professionisti per posto letto, e condizioni lavorative sostenibili e premianti. Che, sul territorio, veda i medici di medicina generale lavorare, nei loro studi, insieme alle altre figure professionali, salvaguardando e implementando il rapporto di fiducia con il cittadino, senza perdere tempo in polemiche stucchevoli sulla natura del rapporto di lavoro. Non sarà il passaggio dei medici di famiglia alla dipendenza – come si legge a volte sui giornali o si ascolta in TV anche da parte di autorevoli ricercatori che, tuttavia, non hanno il reale polso della situazione – a salvare il Servizio sanitario nazionale; così come l’abolizione dell’intramoenia, che rischia al contrario di spingere molti specialisti verso il privato. Sarebbe invece utile, a tal fine, rendere disponibili, in maniera capillare sul territorio, team di professionisti, mettendo a disposizione del cittadino tutte le competenze laddove e quando gli servono. E incentivare, in ospedale e sul territorio, il lavoro nei reparti e nei contesti più rischiosi, come l’emergenza-urgenza”.

“Far saltare il numero programmato – sottolinea – significa, in definitiva, consentire a tutti di poter accedere a Medicina, senza salvaguardare la qualità della formazione, che oggi il mondo ci invidia. Significa non poter garantire a tutti una borsa di specializzazione, ricreando l’imbuto formativo. Significa, alla fine della catena, trovarci con più medici di quanti il Servizio sanitario nazionale sia in grado di assorbire”.

“Già oggi, in Italia – conclude – sempre secondo l’Ocse, ci sono 4 medici ogni mille abitanti: una delle proporzioni più alte tra tutti i paesi europei. Mentre i medici all’interno del Servizio sanitario nazionale, come evidenzia Agenas, sono circa 145mila. Ed è la stessa Agenas a ribadire l’importanza di una attenta pianificazione, che permetta di disporre di risorse sufficienti e di evitare ridondanze che comprometterebbero l’efficienza del sistema in condizioni ordinarie. Ed è ancora l’Agenas ad avvertire che la pianificazione dell’offerta formativa, per essere efficace, deve essere coordinata con l’adozione di un sistema di incentivi in grado di rendere più attrattivi i profili di impiego in cui si prevedono fabbisogni più consistenti. Per questo, ribadiamo l’importanza di una programmazione efficace ed efficiente, e del coinvolgimento dei medici nel metterla in atto, rapportandola con modelli organizzativi e assistenziali altrettanto efficaci ed efficienti. Rinnoviamo pertanto l’appello affinché le rappresentanze esponenziali dei medici possano sedere ai tavoli dove si decide il futuro della Formazione”.

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