Roma. “Aula Verde”, un modello di citizen science

La rivista scientifica del gruppo Springer Scientific Reports dedica un articolo ad “Aula Verde”, opera di land-art ispirata alla natura (Nature Based Solution, o NBS) nata da una collaborazione tra esperti di ecologia forestale dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche di Roma (Cnr-Iret) e l’artista visivo Andrea Conte, attiva dal 2021 presso la Riserva naturale Villa dell’Aniene (Roma).

Il progetto rappresenta un’esperienza pilota di “citizen science” condotta nell’ambito del progetto “Flumen – Climate Art Project”: realizzata con il supporto attivo dell’associazione Insieme per l’Aniene e di un gruppo di cittadini, consiste in cerchi concentrici di alberi disposti in modo tale da dare l’impressione di essere all’interno di una stanza interamente immersa nella natura. Visitabile liberamente all’interno del parco pubblico, è accessibile a chiunque voglia raggiungere uno spazio incontaminato lontano da fonti di inquinamento antropico, progettato per offrire uno spazio alternativo per la socializzazione. Questa prima esperienza ha rappresentato un modello per successive “Aule Verdi”. realizzate in altre parti d’Italia: Studio Andreco e Climate Art Project – partner del progetto Flumen- hanno infatti avviato in Puglia l’Aula Verde Xfarm Land Art, aperta al pubblico da marzo 2023, nonché l’Aula Verde lago Bullicante, sorta a Roma nel novembre 2021, sede di molteplici attività di sensibilizzazione aperte alla cittadinanza.

“Le specie di alberi sono state selezionate sulla base delle condizioni ecologiche del sito e per contribuire alle criticità ambientali locali”, spiega Laura Passatore, ricercatrice del Cnr-Iret e coordinatrice dello studio. “Si tratta, infatti, di salici e pioppi bianchi, piante capaci di movimentare volumi di acqua molto importanti. Posizionati vicino alle rive del tratto urbano del fiume Aniene, hanno la potenzialità di smaltire l’acqua delle inondazioni dovute a piogge intense”, prosegue la scienziata. Attraverso un software specifico, sono stati misurati i servizi ecosistemici derivanti dall’opera: è stato stimato che, a maturità, gli alberi dell’“Aula Verde” potranno intercettare e restituire all’atmosfera 48 mila litri di acqua piovana all’anno, e che nell’arco dei prossimi cinquant’anni potranno assorbire fino a 48 tonnellate di carbonio e 11 chilogrammi di inquinanti atmosferici, tra cui ozono, diossido di azoto e PM10.

Lo studio, oltre a ricordare il valore degli alberi nel contrasto alla crisi climatica e per il benessere degli umani e degli ecosistemi, evidenzia anche il valore dell’approccio partecipativo e multidisciplinare dell’iniziativa, combinando concetti di ecologia e silvicoltura urbana con l’ecologia politica, le scienze umane e l’arte rigenerativa. “Aula Verde è un metodo di riforestazione artistico e sociale che nasce dalla volontà di trovare azioni collettive per la giustizia climatica e dalla necessità di sperimentare approcci progettuali ecocentrici come risposta all’antropocentrismo”, prosegue Andrea Conte (Andreco), artista visivo e ingegnere ambientale, socio fondatore di Futurecologies e di Climate Art Project. “Abbiamo creato un ponte tra arte, scienza ed ecologia politica, discipline apparentemente lontane, per affrontare la complessità di urgenze contemporanee e ripensare al meglio gli spazi urbani in cui viviamo. L’inclusione di cittadini e delle associazioni locali risulta fondamentale per la riuscita del progetto”.

Insieme ai benefici di natura ambientale, infatti, sono stati presi in considerazione i “Servizi Ecosistemici Culturali”, ovvero benefici non materiali che le persone ottengono dal contatto con la natura, come valori spirituali ed estetici, nonché gli aspetti “terapia forestale” derivanti dalla frequentazione dei boschi: tra gli autori del lavoro, infatti, figura anche Qing Li, immunologo della Nippon Medical School ed esperto di medicina forestale. Altri autori sono Amanda Boetzkes, teorica dell’arte e dell’estetica contemporanea esperta in arte ed ecologia dell’Università di Guelph (Canada), Rocco Pace del centro di ricerca Eurac di Bolzano, e Serena Carloni del Cnr-Iret.

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